Intervista a Giancarlo Russo
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Giancarlo Russo.
-Ciao, Giancarlo benvenuto e grazie per la tua partecipazione alla nostra iniziativa
Buongiorno e grazie a voi per il contatto
-Parlaci di te, quale è stata la tua formazione professionale?
Bene, partiamo subito con questa bella domanda…
Sai, se dovessi dirti cosa intendo io come formazione professionale non la finiremmo più.
Sono infatti portatore di un concetto che vuole che prima di poter lavorare su di un altro (quindi su un paziente) sia necessario lavorare su se stessi per cui identifico come “formazione professionale” il mio lungo cammino iniziato tantissimi anni fa sulla materassina di una delle più famose palestre di arti marziali romane,la Fiamma Yamato, dove studiai per moltissimi anni sotto la guida di un insegnante cino-malese un sistema antico di Kung Fu.
Là imparai a muovere il mio corpo, a conoscere il dolore e la fatica, a picchiare e ad essere picchiato, a trovare la motivazione dentro di me e a mantenere saldo il controllo anche sotto gli attacchi dell’avversario e le difficoltà…
La formazione personale che ho portato avanti vede, accanto alla laurea in Fisioterapia, anche una laurea magistrale col vecchio ordinamento in Scienze Politiche ed un master in Criminologia.
Come vedi ho fatto della versatilità e della plasticità uno dei punti di forza nella mia formazione.
Dal punto di vista strettamente professionale, che forse è quello che maggiormente interessa ai nostri colleghi, ho frequentato decine di corsi tra validi e meno validi…
Sinceramente li rifarei tutti, tranne forse due o tre, perché sono convinto che ogni sistema, ogni approccio e ogni docente possano contribuire a costruire una valida strategia riabilitativa.
Ricorda comunque che nasco Fisioterapista Neurologico e Pediatrico e a quel modo di pensare sono a tutt’oggi ancora collegato, se non altro dal punto di vista valutativo.
-Parlaci della tue esperienza a fianco di Karel Lewit
La mia frequentazione del professor Lewit, iniziata quasi per curiosità e trasformatasi poi in un cambio radicale di approccio e di pensiero, ha segnato la mia evoluzione professionale in maniera netta e marcata.
Non sarebbe stato altrimenti conoscendo il personaggio, Karel oltre ad essere stato il mio insegnante e mentore era un mio amico, con lui ho condiviso una parte di vita, mia e sua, particolare.
Sono arrivato nella sua vita in un momento particolare e lui è arrivato nella mia in un momento altrettanto particolare.
Ho avuto il pregio di essere accettato come studente, come ultimo studente, di un Professore, di un vero Professore, nella parte finale della sua esistenza terrena e di ricevere un enorme bagaglio di insegnamenti, non soltanto in campo scientifico riabilitativo ma anche di vita.
La mia fortuna è di essere stato ammesso a frequentare l’ambulatorio di Karel e di assistere quindi ai suoi trattamenti e sono quindi portatore di una conoscenza applicativa pratica del suo pensiero e del suo ragionamento clinico.
Essere ammessi come studenti “closed door”non è assolutamente usuale, conosco colleghi che si sentono e agiscono come grandi scienziati ma poi non aprono le porte del loro ambulatorio agli studenti, chissà perché.
Chissà cosa nascondono e chissà di cosa hanno paura.
Il prof. Lewit non era cosi, era molto selettivo nello scegliere a chi insegnare ma una chance la dava a tutti, anche a un italiano (scherzo).
Ricorda che era un neurologo, peraltro specializzato con Guillam Barrè in persona a Parigi e decorato sul fronte di Dunquerque..
Parliamo di un personaggio particolarissimo, a volte dolcissimo a volte duro come l’acciaio..
Mi faceva prendere appunti durante le sue visite e voleva che scrivessi in inglese, in maniera tale che poi la sera poteva leggerli e valutarli e poi, chi è stato a casa mia o ai miei corsi ha potuto vedere di persona, timbrava e firmava pagina per pagina quanto scritto…
Tosta eh?
Mettiti nei miei panni…
Abbiamo condiviso molto negli anni in cui siamo stati vicini e pensa che l’autorizzazione ad insegnare la ricevetti, insieme all’autorizzazione ad utilizzare il suo nome e quello di Scuola di Praga, nel 2009 ma iniziai ad insegnare soltanto qualche anno più tardi, dopo che Karel mi riservò l’onore di condurre insieme a lui un seminario per medici e terapisti presso la sede diplomatica italiana a Praga nel 2011.
Sono stato vicino a lui fino al giorno della sua dipartita e conservo tanto materiale filmato insieme, non ultimo le sue ultime intuizioni riabilitative, il suo pensiero sull’attuale panorama riabilitativo e le considerazioni su alcuni approcci e personaggi che vanno tanto di moda.
Posso dirti, in conclusione, che quell’uomo a cui devo molto, mi ha insegnato a pensare.
Quest’anno, ricorrendo il suo centenario, sono stato invitato come Speaker ad una Conferenza indetta in sua memoria nel suo paesino di residenza e mi è stato chiesto di portare come tema “La valutazione del paziente nell’ottica di Karel Lewit”.
Quello che mi ha fatto piacere è che i partecipanti hanno voluto sapere da me come quanto appreso dal professore è stato da me integrato e/o modificato dalla e con la mia esperienza, segno questo dell’estremo dinamismo ed eclettismo della materia, scevra da dogmi e dai tanto comuni “ipse dixit”.
L’approccio funzionale è dinamico, si muove sempre e ognuno di noi lo applica e lo personalizza a seconda della propria esperienza, proprio come voleva Karel.
Noi non vogliamo e non creiamo epigoni…
-Essendo un esperto di fibrolisi, o di ipnosi, utilizzi nella tua pratica quotidiana esclusivamente queste tecniche, oppure le integri usando manovre di altre formazioni?
Amerei essere un esperto ma preferisco definirmi un cultore o se preferisci un studioso.
Nella vita non si finisce mai di imparare.
Ciò premesso ti dico che no, non uso soltanto questi approcci ma, come ho detto all’inizio dell’intervista, cerco di essere il più plastico possibile adeguandomi al paziente senza pretendere che sia lui ad adeguarsi a me e/o al mio approccio.
Ricordi quei film americani dove lo sbirro diceva al sospetto “Tutto quello che dirai sarà usato contro di te”?
Bene, io al mio paziente dico “Tutto quello che mi darai sarà usato a tuo favore”, sono infatti convinto che se sai valutare bene il tuo paziente e sai ascoltarlo, in tutti i sensi, sarà lui ad indicarti il trattamento.
Non ho dogmi, non ho pregiudizi e non segui ciecamente una metodica.
Mi sento abbastanza libero muovendomi sempre all’interno della logica e delle neuroscienze, questo si…
-Potresti Parlarci dell’ipnosi e dei suoi coinvolgimenti nella pratica clinica di un fisioterapista?
Conobbi l’ipnosi da ragazzo attraverso uno dei suoi più grandi interpreti italiani, parliamo di circa 25 anni fa, la studio e la pratico assiduamente, fa parte della mia persona.
Ho frequentato, e frequento ancora, la gran parte dei corsi esistenti e mi sono formato oltre che in Italia in USA ed in Gran Bretagna, dove l’ipnosi è una realtà.
Da qualche anno la insegno ai nostri colleghi, ne ho formati circa 200, e con mia massima soddisfazione questa settimana (ottobre 2016) terrò per la prima volta nella storia un corso di ipnosi all’interno di una Università di stato italiana, la Federico II di Napoli.
Bella soddisfazione eh?
Piano piano ho fatto uscire l’ipnosi da oscuri dimenticatoi portandola ai livelli che gli competono, liberandola dai luoghi comuni che la circondano e restituendole la dignità che gli spetta.
E le numerose evidenze scientifiche lo confermano!
Comunque, con evidenze scientifiche alla mano e ti garantisco che sono davvero tante, l’ipnosi gode di sicura efficacia su:
- Dolore acuto e cronico
- Mal di testa, cefalea, emicrania
- Mal di schiena
- Dolore articolare
- Fibromi algia
- Kinesiofobia
- Disturbi neurologici funzionali
- Disturbi ATM
- Stati di ansia
- Rieducazione schemi motori compromessi
ed altro,
come vedi quindi tanta roba di competenza di noi fisioterapisti…
Sono quindi davvero soddisfatto dei risultati che sto (stiamo) ottenendo su questa particolare strategia terapeutica.
Ma fare ipnosi non è facile, serve studiare e serve personalità.
Le scorciatoie in questo campo non esistono!
-Molti in Fisioterapia tendono a tenere per sè, le proprie conoscenze e competenze..Tu invece no, ci spieghi il motivo?
Lo accennavo poco sopra, molte persone cercano di accrescere il proprio potenziale attraverso segreti e segretucci che poi si rivelano essere proprio i segreti di Pulcinella.
Credo che alla base ci sia una forte insicurezza delle proprie possibilità e forse addirittura incertezza sulla personale reale preparazione.
Dal mio punto di vista sono convinto che si cresce condividendo e mettendosi in discussione con tutti e davanti a tutti.
Fa parte delle regole del gioco.
Non puoi essere sempre preparato ma mai pronto!
Normalmente nei miei seminari chiedo ai partecipanti di portare i loro “casi difficili” reali, cosi da metterci tutti in discussione nella risoluzione, non sempre facile per carità , di questi casi…
E sono il primo a mettermi in discussione, lo trovo stimolante.
La realtà, in genere, taglia la testa al toro, là davanti si vede cosa sai fare perché sai, nei corsi sono tutti bravi e tutti risolvono tutto…
Ma la realtà invece…
Credo che non ci sia nulla di cui vergognarsi quando si fallisce però e credimi, ogni giorno falliamo, è normale ed è fisiologico…
Più pazienti vedi, più casi “tosti” ti accolli e più le possibilità di fallimento esponenzialmente aumentano…
Per questo bisogna studiare molto, leggere la letteratura, confrontarsi e mettersi in discussione…
Per ridurre, per quanto possibile ovviamente, la percentuale di fallimento…
Tenersi tutto per sé, insegnare parzialmente, lo trovo abbastanza ripugnante e tipico del fallito…
-Nel tuo studio utilizzi anche elettromedicali? Se si quali sono i tuoi preferiti?
No, non uso elettromedicali di alcun genere.
-Sei ormai un fisioterapista non più giovanissimo, che ha accumulato esperienze di vita lavorativa, per cui mi premeva chiederti quale fosse oggi, il percorso formativo che consiglieresti ad un ragazzo neolaureato (quali corsi sono basici?)
Non più giovanissimo io?
E’ un’intervista o una provocazione questa?
Scherzi a parte se qualcuno mi desse la possibilità di stabilire un percorso di studi per i ragazzi preferirei dare il mio contributo sin dagli anni dell’università.
Mi permetti di divagare?
Metterei insegnamenti obbligatori come Neuroscienze e come Filosofia Riabilitativa…
Tutti hanno una filosofia, gli osteopati, i chiropratici, i riflessologi…
E anche noi la abbiamo e la dobbiamo riscoprire sin dal primo giorno di università.
Chi si affaccia allo studio della nostra materia deve sapere sia l’evoluzione storica che l’evoluzione filosofica del concetto “Riabilitazione” , del fine che ci prefiggiamo e dei sistemi che adoperiamo per ottenerlo.
Dopo la laurea, compatibilmente con quella che è la predisposizione individuale della persona (c’è chi ama la riabilitazione sportiva, chi la terapia manuale, chi il linfodrenaggio ecc ecc), sono convinto che la conoscenza delle principali metodiche neurologiche sia fondamentale per formare il fisioterapista.
Ci sta in quei sistemi un bagaglio di conoscenza davvero impressionante, ne sono affascinatissimo e non dimentichiamoci che in ambito neuro riabilitativo l’Italia ha una tradizione davvero importante, ricordo Perfetti, Grimaldi, Puccini ecc ecc…
Perderla e sostituirla con sti nuovi approcci colorati e fantasmagorici (molti basati davvero soltanto sull’apparenza) sarebbe sicuramente un grandissimo peccato.
-Come pensi evolverà la fisioterapia? Dobbiamo preoccuparci per la maggior concorrenza di macchine che piano piano si insinuano in ogni campo della nostra vita?
No, niente sostituirà mai il contatto tra due esseri umani.
Da parte nostra è fondamentale essere sempre preparati, aggiornati sulla letteratura e dare così ad ogni paziente la soluzione migliore al suo problema del momento.
Vorrei adesso puntualizzare una cosa, non sono un fanatico dell’EBM ma la ritengo strumento importantissimo per ogni fisioterapista che aspiri, oltre ad avere un pezzo di carta con su scritto “fisioterapista”,a diventare un professionista.
Essere preparati ed essere aggiornati è la strategia vincente contro l’abusivismo e contro lo strapotere di alcune categorie che ci vorrebbero semplici esecutori di ordini provenienti dall’alto.
Ogni riferimento è volutamente voluto!
C’è un tema che ti è particolarmente caro e di cui ti piacerebbe parlare?
Si, l’importanza della Riabilitazione per le persone.
Il sistema di locomozione è quello che garantisce qualità di vita alle persone.
La sua integrità e la sua perfetta funzionalità ti permette di spostarti, di mangiare, di ballare, di lavorare, di fare l’amore, di prenderti a botte, di dipingere, di cantare insomma di manifestare al pieno l’ESSERE UMANO in noi…
Considerare la Riabilitazione la Cenerentola della medicina è offensivo ed oltraggioso e soprattutto antiscientifico.
Più che essere sostituito da una macchina mi preoccupa il fotto che il farmaco venga visto come una soluzione ai problemi di movimento.
Non è cosi, lo sappiamo bene, ma abbiamo addirittura pubblicità televisive che dicono l’opposto spacciando una pasticca come la soluzione ad un problema di carattere meccanico o funzionale come, l’esempio è classico, una lombo sciatalgia…
Più fuorviante di cosi…
Spetta a noi di educare i nostri pazienti e dobbiamo essere preparati a farlo…
Mettiamoci la faccia senza pretendere che siano sempre gli atri a farlo…
Senso di categoria, questo ci vuole…
Grazie Giancarlo per il tempo dedicatoci
Grazie a voi, avanti cosi!
David Di Segni
Fisioterapista – Posturologo Specializzato nella cura del dolore cronico senza uso di Farmaci, che opera nel campo ortopedico presso studio Mdm Fisioterapia di Roma dal 2003. Iscritto all’albo con N. 2096 della sezione di Roma. Biografia completa.